Dalla metà del ‘500 domina il presbiterio da dietro l’altare maggiore, nella Parrocchiale.
Tiziano Vecellio (Pieve di Cadore 1490ca.- Venezia 1576) dipinse questa opera in età avanzata presumibilmente attorno al 1554.
Il quadro probabilmente giunse come dono dal grande pittore, come segno di riconoscenza dei tanti anni in cui godette del beneficio parrocchiale, assegnato dal Duca di Mantova, prima al figlio Pomponio e poi al nipote. Questa tarda opera del Tiziano esprime tutta la sapienza pittorica del maestro che disegna la possente figura del Cristo pregna di un amorevole sguardo nei confronti della genuflessa Madre, tutto circondato da una vibrante luce, segno distintivo dell’immortal Vecellio.
Importanti critici, come il Panofsky (1969), rilevano l’eccezionalità della Pala anche dal punto di vista teologico, postulando una somiglianza con il “Cristo coronato di spine” del Louvre e con la maniera michelangiolesca.
La pala riporta al centro la figura del Cristo Risorto, al cui cospetto, in posizione genuflessa vi è la Vergine in adorazione. Alle spalle del Cristo vi sono quattro figure nella penombra, rispettivamente Noè, Abramo, Adamo che porta la croce e Eva.
Questa rappresentazione e la presenza di questi personaggi ha reso difficile la comprensione del momento teologico raffigurato.
Questa è l’unica pala del Vecellio rimasta in territorio mantovano sino ad oggi.
La tela venne esposta per la prima volta nel 1935 a CàPesaro in Venezia per la mostra di Tiziano, e poi nel 1974 a Palazzo Ducale di Mantova per la mostra “Tesori d’arte nella terra del Gonzaga”.
La notte tra il 25 e il 26 aprile del 1968 il quadro venne trafugato; verrà ritrovato il 12 maggio dello stesso anno. Il furto provocò notevoli danni all’opera, che dovette essere sottoposta a restauro presso l’Istituto Centrale del Restauro di Roma che lo restituì al paese il 22 settembre 1971.